C’è ’sto romanzo, ch’è uscito un paio d’anni fa in questo periodo, in cui raccontavo – pars pro toto – di una Lombardia appena dissimulata in cui la crisi (non la crisi economica, ma la crisi generalizzata della civiltà) smangiava tutto: umanità, raziocinio, sentimento; dove gli abitatori di quei luoghi afflitti da desertificazione interiore ed esteriore sfogavano le loro passioni tristi in ributtanti manifestazioni di malvagità banale e razzismo spicciolo, mentre i fascisti (che chiamavo col nome di un’organizzazione di estrema destra russa dei primi del Novecento: “Centuria nera”) lentamente prendevano il controllo di quel “Paese” terminale (peraltro senza ovviamente invertirne la rotta suicida ma anzi accelerandola).
L’ho scritto grosso modo tra il 2009 e il 2013: per me fu anche un modo per esorcizzare e sublimare certe paure e ansie che mi provenivano dall’osservazione delle cose intorno a me: già da tempo coglievo segnali di questo contrarsi delle persone come sotto l’effetto di una pressione interna sempre più incontenibile; e man mano che gli anni passavano mi sembrava che i segnali si moltiplicassero e andassero tutti inequivocabilmente nel senso di una futura vasta e liberatoria “esplosione” del male covato.
E non è che io nella mia minuscola nicchia di scrittore abbia mai ambito a quel ruolo, sebben che Cassandra sia una grande e bella figura tragica.
Lo scrivo perché in questi giorni, tornando a sfogliare le vecchie cose che ho scritto nei dieci e più anni passati, ho ritrovato spunti e riflessioni che all’epoca mi capitò di veder liquidate come esagerate e apocalittiche (un’altra etichetta, in questo caso totalmente idiota, che qualche critico negligente mi ha appioppato dopo aver letto le 35 righe in corsivo che fanno da “prologo” al mio romanzo… Si vede che non aveva tempo di leggere oltre) e che invece – pur acerbe, manchevoli e tutto quel che si vuole – oggi mi paiono configurare sempre meno i fantasmi e le paranoie di un trentenne troooppo pessimista e sempre più una descrizione generale del presente/futuro prossimo.
Profético, sì, ma i segni purtroppo c’erano tutti.